Marco, Marica, la Peppa, la Siria e tutti gli altri: vita da pastori transumanti

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Sono passati due anni dalla prima volta che l’ho incontrato. Ero andata a trovarlo in riva al Sile quel giorno di marzo.

Allora era già un pastore felice, ma aveva dentro di sè qualcosa di ancora irrisolto. Come se quella scelta di fare il transumante fosse stata quasi obbligata, una scelta inevitabile, un momento di catarsi che giungeva dopo un periodo difficile.

Cappuccino

Amava già le sue pecore e le sue capre. Aveva già con sé la vecchia asina Peppa. Vagava già in transumanza dalla gronda della laguna di Venezia agli alpeggi del Monte Grappa.

Ma c’era qualcosa che mancava a un’impercettibile possibilità di essere sereno.

L’ho incontrato di nuovo l’anno scorso. In una giornata di nebbia fitta lungo l’argine che divide la terraferma dalla laguna. E già l’ho visto più loquace.

L’ho rivisto pochi giorni fa, ancora sul bordo della laguna. E l’ho trovato rinato.


Marco_Pastore e SiriaMarco, il pastore transumante che una vita fa faceva l’orafo a Mestre,
mi è venuto incontro in sella alla giovane Siria, una puledra di tre anni che lui ha accolto nel gregge delle anime pelose un anno fa, una puledra che ha imparato a fare la transumanza con capre e pecore e che ha accettato la sella che Marco pochi mesi fa ha deciso di metterle in groppa.

E’ più sereno Marco. Oggi è un uomo convinto della vita che ha scelto.

Quando mi racconta dei suoi animali, dell’operazione che ha dovuto fare alla Peppa (che ancora non sta bene e avrebbe bisogno di una famiglia non nomade che le faccia trascorrere serena gli anni della vecchiaia), di Galdalf l’irrequieto figliolo della Peppa che ormai ha quasi un anno, dei cani che l’aiutano nel lavoro di ogni giorno, del gregge che passeggia sereno mentre i fenicotteri rosa volano sopra le nostre teste, beh, quando mi racconta tutto ciò è un fiume in piena che non aspetta altro che qualcuno raccolga i suoi sentimenti, i pensieri, le riflessioni di una vita che esiste solo al margine nel mondo “normale”.

Marco e la Peppa

Una delle ragioni della ritrovata serenità di Marco ha gli occhi azzurri e si chiama Marica. Si sono incontrati quasi due anni fa questi due ragazzi e non si sono più lasciati. Lei, che con il mondo della pastoria non aveva alcun legame, ha lasciato la sua vita e le sue montagne e si è unita al cammino di un uomo, due cani, due asini e 250 fra capre e pecore.

Ora passeggia stringendosi al petto l’ultimo nato, poche ore fa, in una giornata di marzo tiepida e silenziosa.

capretto

Non c’è capretto che viene al mondo che non abbia le cure amorose di Marica. Soprattutto quando non sta bene. Si va di tisana per alcuni giorni, lo si tiene al caldo nella roulotte che fa da casa, se necessario finisce sotto le coperte il neonato capretto. Alla ricerca del calore che potrebbe guarirlo.

Qualche volta non vince Marica la lotta contro la morte. Ma ogni volta ci prova. Perché a ogni capretto e a ogni agnello  – che a Pasqua non sarà ceduto alla mattanza – va data una seconda possibilità di vita.

Il gregge

Mi lascio Marco, Marica e le loro creature alle spalle facendo la promessa che li aiuterò a trovare una casa alla Peppa, che è buonissima e ancora in salute, ma che l’operazione dello scorso autunno, a un’ernia che è tornata fuori,  ha reso fragile.

Per lei ci vorrebbe una famiglia con un prato. O una fattoria didattica dove farsi accarezzare dei bambini. Qualcuno ci può aiutare?

Un commento Aggiungi il tuo

  1. gattamarilena ha detto:

    Forse Il rifugio degli Asinelli in provincia di Biella potrebbe accogliere Peppa. Magari potreste chiedere.

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