Kounellis, 12 cavalli vivi

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Ho avuto la fortuna di conoscere, ascoltare, vedere, cercare di capire Jannis Kounellis, uno dei padri dell'”arte povera” scomparso ieri all’età di 80 anni.

E’ successo lo scorso novembre alla galleria Gavin Brown’s Enterprise di Harlem a New York. Prima di allora quello che sapevo di Kounellis stava racchiuso nei libri di storia dell’arte, nelle riflessioni sull’arte contemporanea, sull’estetica che usciva dai quadri, sulla rivoluzione di unire oggetti (e soggetti) della vita in uno spazio aperto che li trasformava in arte.

Ad Harlem, quella notte fredda di novembre, Kounellis era ospite della galleria americana che lo rappresentava. La stessa galleria per cui lavora mia figlia Marta. E’ stato questo il trait d’union per quell’incontro straordinario con quest’uomo piccolo e semplice che faceva pochi passi senza una moglie che da sempre è stata la sua più presente collaboratrice.

“Quando cercava di spiegare la sua arte, quella spinta libertaria, che aveva animato la sua opera, Jannis Kounellis diceva che voleva uscire dal quadro. Intendeva non rispettare la cornice, il perimetro, lasciarsi alle spalle le regole, osare”. Scrive così Raffaella De Santis su Repubblica.

Niente di più vero. Ne sono la dimostrazione vivente i cavalli che, nella sua prima fase creativa, radunò in un’esposizione-performance nel 1969 nella galleria romana di Fabio Sargentini. 

untitled_1969_12_horses-1600-xxx_q85Una performance che Kounellis replicò nella primavera di due anni fa proprio nella galleria Gavin Brown di New York.

Ricordo bene le discussioni fra Marta e la sottoscritta sull’opportunità di mettere in mostra animali vivi in un ambiente che non era il loro. Che avrebbe potuto spaventarli. Mi chiedevo il perché fosse necessario fare arte sulla pelle di creature che non potevano scegliere.

Marta mi assicurava che i cavalloni, con i quali condivideva le sue giornate in galleria, erano tranquilli e apparentemente sereni. E che ogni sera facevano ritorno alle scuderie.

Non ne sono mai stata convinta. 

Non è l’unico Kounellis a “prendere in prestito” gli animali per trasformarli in arte. Se l’arte antica e moderna gli animali li rappresentava nei dipinti o nelle sculture, l’arte contemporanea ha bisogno di mettere in mostra la natura e i suoi abitanti senza filtri. Natura vita e natura morta.

Come dimenticare Maurizio Cattelan che, destando scalpore e qualche protesta, nel 1997 partecipò alla Biennale di Venezia riempiendo lo spazio con circa 200 piccioni imbalsamati posti sulle travi del padiglione.

Oppure Joseph Beuys che non si limitò a portarli in scena, ma ambiva a instaurare con gli animali un dialogo, una relazione, sia pur mediata da un contesto innaturale per entrambi. In “I like America and America Likes Me” del 1974 Beuys si fece chiudere per tre giorni in una gabbia insieme ad un coyote. Obiettivo: riconciliare davanti al mondo l’umanità e la natura; razionalità (umanità) e istinto (animalità). Una distinzione che mi lascia perplessa.

La deriva dell’uso degli animali nell’arte è arrivata nel 2007 quando un noto un artista costaricano, Guillermo Vargas, ha esposto un cane randagio legato ad un angolo della sala privandolo di cibo ed acqua. Sulla parete,  crocchette per animali su cui aveva scritto il titolo dell’opera: “Sei quello che leggi”.

Il povero cane sembra sia stata nutrito durante le pause…e poi sarebbe fuggito. Ma c’è chi assicura che invece non ci sarebbe stato il tempo di salvarlo nonostante la mobilitazione di associazioni animaliste di tutto il mondo. Al di là di bufale e contro bufale mi chiedo: come è stato possibile a visitatori, artisti, critici restare impassibili di fronte a una chiara sofferenza? 

Arte, morte e violenza anche con Damien Hirst che in occasione della sua mostra del 1991 “In and Out of Love”, allestì lo spazio con un gran numero di farfalle vive. Lasciate libere di volare finché non morivano.

Kounellis è morto a Roma che è stata la sua città adottiva,dove era arrivato dalla Grecia nel 1956, appena ventenne. 

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. paulinawar ha detto:

    No quella non è arte! La NATURA ha creato quegli animali è lei l’artista e gli animali non sono oggetti da esporre in luoghi che non sono i loro ambienti naturali, è troppo facile questo!
    E mi meraviglio che chi sta a capo delle mostre / gallerie acconsenta di ospitare tali cialtroni.
    E mi meraviglio che le persone paghino per vedere queste cose.
    Sempre più delusa dagli uomini e dagli artisti che dovrebbero avere,invece, una sensibilità più profonda….

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  2. sayurio ha detto:

    No, non è arte. È prevaricazione, continuare ad essere convinti che noi animali-umani siamo perché più “intelligenti”- ma abbiamo perso la capacità di farci guidare dall’istinto, guarda un po’ – Portiamo in noi la scintilla divina, ci insegna il Cristianesimo, abbiamo un’anima immortale, gli animali no quindi siamo superiori agli animali e possiamo disporne tranquillamente. Non sono buddista ma so bene che in questa religioni quasi atea, è proibito
    uccidere anche gli insetti: gli animalista sono considerati esseri senzienti come noi esseri umani. Comunque,non siamo ancora riusciti a sconfiggere il razzismo (anzi…), chissà se mai impareremo a rispettare esseri cosi’ diversi da noi per ciò che concerne l’aspetto fisico.

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