Atene cresciuta qui e lì, a casaccio.
Atene assediata dalle auto che da anni ormai, in centro, si muovono a targhe alterne: un giorno le pari, un giorno le dispari. Come successe a noi negli anni Settanta. Atene a targhe alterne perché le strade non riuscirebbero a raccogliere tutte insieme le auto degli ateniesi.
Atene senza parcheggi degni di una capitale. Atene che ogni parcheggio del centro è una sorta di cubo di Rubik senza soluzione. Atene che mangia a ogni ora del giorno e della notte.
Atene di Kolonaki con le vie dello shopping e i negozi di cristalli lucenti. Atene del nord ovest dove la periferia cancella spesso la dignità.
Atene corrotta dove, se si va in tribunale, bisogna dimostrare e suon di prove che non si è un elefante.
Atene degli ateniesi. Atene dei migranti che da qui non riescono più ad andarsene. Atene inquinata. Atene dal cielo blu che si specchia in un mare altrettanto blu. Atene dal vento che impazza da nord e ghiaccia l’inverno.
Atene con una stagione musicale da far invidia a mille altre capitali.
Atene antica, terribilmente olimpica, e Atene di oggi, terribilmente caotica e umana.
Atene sogno della civiltà e incubo della realtà.
Atene del cambio della guardia. Atene dei mille cani randagi con la loro etichetta rossa al collare per dirci che qualcuno, nei Palazzi, pensa a loro.
Atene che non capisco e non conosco.
Domani ci tocca tornare ad Atene. A Nea Smyrne, una mezz’ora buona da casa.
Si torna dal veterinario per una visita di controllo, che non era prevista così presto ma che la mia umana, per la solita ansia, ha deciso di anticipare.
Rivedremo Atene, ma non passeggeremo come abbiamo fatto prima dell’operazione.
Fra Monastiraki e Plaka, piazza Sintagma e Kolonaki.
Non è piacevole passeggiare in questa città. Per me che sono cane è un pericolo. Fra auto e pedoni sono costantemente in ansia.
Sembra che non ci stia neppure più uno spillo certi giorni ad Atene.
Pensare che a metà Ottocento era poco più di un villaggio di 8mila abitanti. Poi nel 1834 decisero di farla capitale e iniziò a crescere. Casa dopo casa. Condominio dopo condominio. Strada dopo strada. Senza GPS qui non riesci a orientarti mai. Puoi perderti e non ritrovarti più. Un labirinto.
Crebbe così senza controllo questa capitale e nel 1922 crebbe ancor di più dopo l’immigrazione disperata che giunse dall’Asia Minore.
Andremo allora di nuovo a Nea Smyrne da Joanna e Sergio. La mia gamba sta sempre meglio. Spero solo che questa volta mi guardino solo. Mi ammirino e mi accarezzino. Ma non mi mettano su quel tavolo gelido. Non mi prendano la gamba in mano. Mi lascino stare. Sono ancora stanca.